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25ª Settimana del Tempo Ordinario
24 – 30 settembre 2023
Un Dio buono
Se Gesù usasse la parabola che ascoltiamo oggi in un talk show televisivo, sarebbe subissato da fischi, insulti o dinieghi. E non soltanto da sindacalisti indignati. «Non è giusto!», ci viene da dire, «non è equo!». I lavoratori dell’ultima ora non hanno diritto alla stessa paga di quelli che hanno iniziato la giornata.
«I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie», ci ricorda il profeta Isaia parlando di Dio. E Gesù: «Se la vostra giustizia non supererà a quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 5,20). Ossia, non imiterete Dio.
«Dio non rifiuta la giustizia. Egli la ingloba e supera in un evento superiore dove si sperimenta l’amore che è a fondamento di una vera giustizia. Questa giustizia di Dio è la misericordia» ha scritto papa Francesco nella Misericordiae Vultus.
Non è una buona notizia che il padrone voglia dare un lavoro a tutti? Non è positivo che rispetti i patti, retribuendo come concordato i suoi dipendenti? Non è importante che si fermi a discutere con chi lo accusa, chiarendo la sua posizione?
Il Dio predicato da Gesù è fatto così: tiene ad ogni uomo, vuole la sua salvezza, ha pronta una meta meravigliosa per tutti, anche per quelli arrivati all’ultimo momento utile. Ma ci tratta con responsabilità: saremo noi a chiamarci fuori, se non vogliamo accettare la sua logica. Per questo può succedere che «gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».
Ma non è che anche noi siamo «invidiosi, perché Lui è buono»?
NELLA VIGNA DEL SIGNORE
Nella tua vigna, Signore,
c’è posto per tutti
Il lavoro non manca, la paga è giusta.
Ciò che è pattuito viene consegnato
alla fine di ogni giornata, e non è poco:
tutto ciò che serve per vivere, e vivere felici.
C’è chi inizia presto,
e c’è chi giunge più tardi,
perché ha scoperto dopo
la possibilità e la bellezza di questo lavoro.
Tu ti affacci al mondo
chiamando ogni persona
a collaborare al tuo Regno,
più e più volte.
Qualcuno accetta subito, qualcuno indugia;
qualcuno proprio non ti sente,
e continua per altre strade.
Eppure la gioia più grande
è quella di conoscere te,
di lavorare al tuo fianco,
di essere le tue mani.
Ma non lo si può capire finché non lo si prova,
e occorre prima darti fiducia per averne le prove.
Allora, o Dio, qualcuno pensa:
se fossi venuto prima!
E, tu sornione, sorridi:
sei venuto al tempo tuo,
che io conoscevo da sempre
ed era la tua via.
E tutto ciò che hai vissuto prima
non andrà perso
perché sarà servito per arrivare qui.
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26ª Settimana del Tempo Ordinario
1 – 7 ottobre 2023
Di buona voglia
«Non ne ho voglia». Quante volte ce lo siamo sentiti ripetere dai nostri figli e nipoti! Quante volte ci è capitato di pensarlo, per poi mettere da parte le nostre titubanze e fare ciò che avremmo dovuto. Chi esprime la sua mancanza di volontà in realtà si chiede: «Perché dovrei?». Sta cercando un motivo per cui valga la pena impegnarsi, metterci del proprio, scegliere quell’azione tra le mille che potrebbe fare.
Capitò anche ai due figli della parabola narrata oggi nel Vangelo: il primo trovò una ragione, pur avendo in un primo momento ri-fiutato di andare a lavorare nella vigna. Il secondo fu pure ipocrita: dichiarò la propria obbedienza, ma appena il padre se ne fu andato svicolò dall’impegno preso.
Gesù constata che sono più disposti ad accogliere e seguire il messaggio di Dio pubblicani e prostitute che tanti devoti sacerdoti e capi del popolo. La loro volontà è debole, persi tra discussioni sterili, tradizioni macchinose, cavilli legali, formalismi e ipocrisie. Si limitano a impegni di facciata, perché nel loro cuore c’è aridità e poco amore. Sono convinti di essere a posto e per questo difficilmente si convertiranno.
Oggi è giusto chiederci in che modo ci stiamo impegnando nella costruzione del Regno. Non soltanto negli eventuali ruoli che ricopriamo in parrocchia, ma nello stile con cui affrontiamo gli impegni quotidiani, nell’amore che spendiamo con le persone che incontriamo. Perché è questo che ci dà vita e gioia, è questo che desidera Dio per noi.
ALTERNI MA RICONCILIATI
Sono anch’io, Signore,
come i due figli della parabola.
A volte prometto di seguirti
ma la lingua è più veloce dei fatti,
o la volontà è più debole delle situazioni.
A volte mi arrendo subito,
ti confesso il mio cedimento e le mie paure,
e poi ci ripenso, avviandomi lentamente
sulla strada che mi hai tracciato.
Perché siamo così deboli e poco lineari,
così complessi e frastornati
dalle spinte interiori ed esteriori?
Tu ci comprendi ben oltre noi stessi,
sorvoli sui momenti di stanchezza,
non sei così duro nel volerci inflessibili.
Per questo lodi il ripensamento, se porta al bene,
e metti in guardia sull’incoerenza, se porta al male.
Per questo concludi scandalizzandoci,
citando pubblicani e prostitute pentiti
che ci passeranno davanti nel tuo Regno.
Prima o poi capiremo che il tempo e la misericordia
sono il tuo dono per salvare la nostra vita,
e renderla più leggera, vivibile, tua.
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